La storia di Alberto Sordi raccontata da Giorgio Assumma

Regia di

Andrea Pellizzer

Dici «Alberto Sordi» e vedi subito un volto. Ma non un volto qualunque, quel volto. Quello che ha riso, pianto, storto la bocca, lanciato battute e raccontato l’Italia per com’è, senza sconti. Un giorno americano, un altro marchese, poi medico della mutua, vigile urbano, scapolo impenitente. Eppure, dietro tutte quelle maschere, c’era un uomo vero, un uomo autentico. Uno che credeva in parole come rispetto, altruismo, solidarietà. 

Sì, perché Sordi, tra una risata e una battuta, aveva ben chiaro che la vita non è sempre una commedia. A volte è dramma, fragilità, bisogno, desiderio di cura. E allora sembra di sentirlo dire: «facciamolo un posto dove si possa stare bene anche quando tanto bene non si sta». Un posto dove la medicina non guarda l’orologio, ma le persone, dove ogni anziano è la sua storia e la scienza si fa umana. 

In tutto questo, accanto a lui, c’è Giorgio Assumma, l’avvocato delle stelle, l’amico di sempre. Uno che ancora oggi, parlando di Alberto, dice: «Se lo vedesse oggi, il Campus, impazzirebbe di gioia». Perché sì, anche se il sipario è calato e le luci della ribalta si sono spente, ci sono gesti di cui continuiamo a sentire l’eco. La generosa donazione del primo lotto di terra a Trigoria, che ha dato vita alla Fondazione Alberto Sordi e su cui è stato edificato il centro per gli anziani che porta il suo nome, è stato un primo seme, parte integrante della visione di una Scienza per l’Uomo promossa dal Campus Bio-Medico con la sua università e il suo policlinico. 

Le idee di Alberto Sordi, la sua visione, il suo modo di amare la vita fanno ancora il bis. Come i film, quelli belli, che guardi e riguardi la sera tardi e ogni volta ti emozioni come fosse la prima volta. 

E allora sì, ci sono legami che non muoiono. Che superano il tempo, lo spazio e pure l’assenza fisica. Come quei personaggi di Sordi che ti restano addosso, anche quando spegni la tv. È questa la sua vera eredità: non un monumento, ma un’energia che si moltiplica ogni volta che qualcuno fa il bene, anche in silenzio, anche senza pubblico. Perché alla fine, le vite più belle non finiscono, ma esplodono di bellezza. 

Dietro le quinte

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