
Ruggiero Sfregola, dal violino all’anima: un viaggio
Ruggiero Sfregola
Giampaolo Ghilardi
La medicina non è solo scienza, è soprattutto cura, un’arte che unisce conoscenza empirica e attenzione al senso più profondo della vita umana.
Sulle orme di Platone e Aristotele, l’articolo approfondisce due prospettive complementari: quella narrativa, che pone al centro la storia di vita e l’unicità di ogni individuo, e quella analitica, radicata nell’osservazione scientifica e nell’analisi dei dati.
Un dialogo tra filosofia e medicina che invita a riscoprire una pratica clinica capace di armonizzare mente e cuore, scienza e umanità.
Com’è noto ai più, in una delle Stanze vaticane, quella della Segnatura per essere precisi, si conserva l’affresco di Raffaello che prende il titolo di La scuola di Atene. Ora, per quanto possa essere interessante, e sicuramente stimolante, non è questo lo spazio per analizzarne il contenuto né i protagonisti (ci basti sapere che ci sono cinquantotto figure, tra matematici, astronomi, scienziati, un tempo tutti considerati filosofi) – ma possiamo in ogni caso concentrarci sui due centrali, vero cuore pulsante sia dell’affresco, sia della riflessione filosofica. Se infatti Socrate rimane un po’ discosto, con quella sua casacca verde e l’aspetto di un satiro, rappresentanti di quella sapienza che nel Cinquecento si voleva recuperare in tutto il suo splendore sono Platone e Aristotele.
Oltre alle Stanze vaticane, tuttavia, anche chiunque varchi le soglie dell’Università o del Policlinico Campus Bio-Medico inevitabilmente, prima o poi, si imbatterà nell’effigie dei due padri della filosofia, estrapolati dall’affresco per diventare il logo dell’Ateneo.
Eppure, dei tanti usi che di questi due maestri si sono fatti, questo dà più da pensare: che c’entrano due filosofi antichi con il mondo della medicina e della cura? Perché non Ippocrate, il padre della medicina? O perché non l’immagine del beato Alvaro del Portillo, che di queste realtà è stato di fatto il fondatore e continua a esserne l’ispiratore?
Invero le figure di questi due filosofi sono essenzialmente omogenee alla dimensione di cura tanto in senso scientifico, ippocratico, quanto in senso morale; così come sono connaturali all’ambito dell’Università, di cui a buon diritto possono essere considerati i patroni.
Se con Platone, in questo fedele discepolo di Socrate, la cura assume il significato della cura dell’anima, dell’attenzione al mondo del senso, delle idee, del logos per usare i termini del vocabolario antico, con Aristotele la cura si curva sulla dimensione sensibile, sull’attenzione al dettaglio empirico, sul corpo e le sue leggi.
Non è improprio suggerire che al primo dobbiamo l’ambito della bio-grafia, al secondo quello della bio-logia. Due mondi profondamente interconnessi, indispensabili l’uno all’altro.
Entrambi i nostri padrini si sono occupati a diverso titolo del tema del vivere, e soprattutto del vivere bene. Osserviamo dappresso le posture “filosofiche” date ai due filosofi dal pennello di Raffaello. Platone è rappresentato mentre punta l’indice verso l’alto, il mondo soprasensibile, in qualche modo ci ricorda che la realtà empirica, quella che cade sotto l’esperienza dei sensi, si spiega a partire dalle verità ideali, archetipe ed eterne. Ma si può anche leggere questa “indicazione” come un suggerimento a guardare in alto, al cielo, come a dire che non si spiegano le cose della terra senza fare riferimento a una dimensione trascendente.
Chi avesse visitato la stanza della Segnatura sa bene che di fronte alla Scuola di Atene si trova un altro capolavoro raffaellesco, La disputa per il Sacramento, che è appunto il complemento teologico di questo ragionamento per immagini.
Aristotele, d’altra parte, ha un movimento diverso, ci mostra la mano destra aperta all’altezza del fianco, dunque in posizione più bassa rispetto al dito del maestro, leggermente inclinata verso l’alto. Questo dettaglio è importante, perché anche per quest’ultimo il moto ascendente è centrale, su questo conviene con l’amico Platone, ma differisce il modo della sua ascesa.
La proposta aristotelica è quella dell’osservazione scrupolosa della realtà, dell’analisi accurata, dell’indagine causale, passando per tutti i livelli della materia, e che alla fine ci condurrà alla conoscenza scientifica: lo scire per causas, appunto.
Sono due modi del guardare scientifico entrambi essenziali, parimenti necessari alla riuscita dell’impresa di cura. Lo sguardo biografico, da un lato, che ci offre il contesto, il senso e il significato personale dell’arte medica; l’osservazione biologica, dall’altro, che ci riporta il dato, l’analisi e la ricostruzione causale delle ragioni delle condizioni di salute. Di entrambi questi occhi ha bisogno lo scienziato per poter offrire le cure/parole necessarie.
Quando si dice “scienza per l’uomo”, si intende questa sensibilità intellettuale e cordiale insieme che ha nei due pensatori antichi i propri modelli.
Giampaolo Ghilardi è Professore di Filosofia Morale presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, dove tiene corsi di Antropologia Filosofica, Etica Generale ed Etica della Tecnica nelle facoltà di Medicine e Chirurgia e Ingegneria.
Fa parte del Servizio di Bioetica Clinica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, dell’Unità di Ricerca in Bioetica e Humanities ed è co-direttore della Collana “Etica del Lavoro Ben Fatto”.
Socio dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo nella classe di Scienze Morali e Storiche; Visiting Professor presso il Centro Interdisciplinario de Bioetica, Universidad Panamericana, Messico; è inoltre docente del Dottorato di Ricerca in Bioetica dell’Università Campus Biomedico di Roma e di diversi Master a tema bioetico. La sua linea di ricerca prevalente è nell’ambito della filosofia morale fondamentale all’interno della quale ha condotto un’indagine personale sui fondamenti analogici del ragionamento morale.
A partire da qui ha poi declinato questo modello razionale su una vasta gamma di argomenti di antropologia ed etica applicata.
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